L'emigrazione italiana negli Stati Uniti di Maddalena Tirabassi
(dal CD-ROM “Percorsi interculturali” allegato a D.Rigallo, D. Sasso, “Parole di Babele”, Loescher).
Maddalena Tirabassi ha studiato in Italia e negli Stati Uniti, Fulbright presso l’University of Minnesota, dove si è specializzata in women’studies e storia delle migrazioni.
È stata docente di letteratura angloamericana presso Università di Teramo dal 2001 al 2006. Attualmente ricopre la carica di direttore del Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane e di direttore scientifico di Altreitalie, Rivista di studi sulle migrazioni italiane nel mondo.
Fonte: http://www.altreitalie.it/Chi_Siamo/CV_Maddalena_Tirabassi.kl
“ Caratteristiche dell'emigrazione italiana.
Sono quasi quattro milioni gli italiani che fra il 1880 e il 1915 approdano negli Stati Uniti ¬¬ su un totale di emigrati italiani che scelsero mete transoceaniche di 9 milioni circa. Occorre precisare che queste cifre non tengono conto dei rientri che rappresentarono un fenomeno massiccio: circa la metà degli emigrati rimpatriò e, nel periodo 1900-1914, il numero dei rientri si aggirò tra il 50 e il 60 per cento. Quasi il 70 per cento di essi proveniva dalle province meridionali [tra il 1901 e il 1914, 1 milione e centoventiseimila circa solo dalla Sicilia, fonte Deagostini], e per tutti l'impatto con il nuovo mondo si rivelava difficile fin dai primi istanti: ammassati negli edifici di Ellis Island, o di qualche altro porto come Boston, Baltimora o New Orleans gli immigrati, dopo settimane di viaggio, affrontavano l'esame, a carattere medico e amministrativo, dal cui esito dipendeva la possibilità di mettere piede sul suolo americano. La severità dei controlli fece ribattezzare l'isola della baia di New York come l' «Isola delle lacrime». […]
D'altro canto negli Stati Uniti lo sviluppo capitalistico dagli anni Ottanta dell'Ottocento alla Prima guerra mondiale ebbe come obiettivo la massima immigrazione. Un'altra contingenza favorevole all'emigrazione italiana negli Stati Uniti fu data dal fatto che l'Italia si inserì nelle correnti migratorie internazionali quando i costi dei viaggi toccarono il minimo storico. Navi che trasportavano merci dall'America all'Europa, facevano il viaggio di ritorno con un carico di emigranti. Lo sviluppo dei trasporti transoceanici rese l'America più vicina del nord Europa. […]
Gli italiani del Meridione erano accusati di essere sporchi, di mantenere un basso livello di vita, di essere rumorosi e di praticare rituali religiosi primitivi. Anche gli italiani del nord condividevano il giudizio negativo: «Quelli del nord Italia si ritenevano superiori a quelli dell'Italia meridionale, mentre quelli delle regioni meridionali si ritenevano migliori dei siciliani». Le altre nazionalità si allontanavano dai quartieri all'arrivo degli italiani, denominati di regola con epiteti come «dago» e «wop», che suonavano quasi amichevoli rispetto alla definizione di «pesti importate dall'Europa» datane da un periodico nel 1894.
I calabresi e i siciliani che approdavano alle città statunitensi, da una Commissione parlamentare istituita nel 1911 per analizzare il fenomeno della nuova immigrazione, venivano individuati e descritti come coloro che davano un contributo fondamentale alla crescita del fenomeno della delinquenza nelle città americane. La violenza nei ghetti italiani era vera, ma essa era dipinta come un prodotto di importazione, connaturato alla cultura e alla tradizione dei nuovi arrivati come l'abitudine a cibarsi di pasta al pomodoro: «Abbiamo all'incirca in questa citta trentamila italiani, quasi tutti provenienti dalle vecchie province napoletane, dove, fino a poco tempo fa, il brigantaggio era l'industria nazionale. - Si leggeva sul «New York Times» il 1° gennaio 1894 - Non è strano che questi briganti portino con se un attaccamento per le loro attività originarie».
Altri caratteri completavano il quadro dell'indesiderabilità dei nuovi venuti. Il principale fra essi era la scarsa intelligenza, che con l'insufficiente forza fisica faceva temere che la loro presenza finisse con il corrompere i tratti originari fisici e psichici degli americani. Antropologi e sociologi dal canto loro tentavano di dimostrare i rischi di modificazione degenerativa che il popolo americano correva a causa dell'integrazione con razze la cui inferiorità era dimostrata dai comportamenti non meno che dall'indagine scientifica.
Come abbiamo visto sono proprio la cultura premoderna o contadina degli immigrati che più colpisce in senso negativo 'gli americani': un'apparente noncuranza nei confronti delle più elementari norme igieniche, la trascuratezza nei confronti dell'istruzione dei figli, la condizione di palese subordinazione della donna nella famiglia.”
Fonte: Wikipedia
Nota: WOP sarebbe la deformazione di guappo, parola del dialetto campano che indica un giovane appartenente alla malavita dai tratti sfrontati e arroganti; è significativo dell’atteggiamento degli statunitensi nei confronti degli immigrati italiani; inoltre, se interpretato come acronimo, significherebbe “with out passpourt” cioè “privo di passaporto”, “clandestino”. Si contrappone a WASP un acronimo che indica i membri delle classi medio-elevate statunitensi descrivendoli come “white anglo-saxon protestant”.
DAGO è la deformazione di Diego, nome che in passato veniva attribuito ai mozzi sulle navi mercantili. E’ frutto della storpiatura di un nome diffuso in Spagna e Portogallo e perciò tra i marinai delle navi che provenivano dall’Europa. Indica in modo dispregiativo persona di basso livello economico-sociale e culturale.
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