lunedì 16 dicembre 2013

Palazzeschi ( Firenze 1885 - Roma 1984)


Fonte Wikipedia: Il periodo futurista



In seguito alla lettura di Poemi Filippo Tommaso Marinetti rimase entusiasta, convinto della creatività di Palazzeschi e alquanto compiaciuto dell'uso del verso libero. Palazzeschi fu dunque invitato a collaborare alla rivista "Poesia". Pubblicherà la raccolta di poesie l'Incendiario. Qui si ritrova lo scherzoso componimento E lasciatemi divertire, dove il poeta si immagina di recitare la poesia davanti ad un pubblico costernato e scandalizzato.

Il 1911 è l'anno del romanzo Il codice di Perelà. Segue il manifesto del Controdolore nel 1914 che era apparso in precedenza sulla rivista Lacerba fondata da Giovanni Papini e Ardengo Soffici in polemica con Giuseppe Prezzolini, direttore de La Voce.

Palazzeschi inizia dunque a collaborare intensivamente con il movimento futurista recandosi spesso a Milano e ripubblicando le sue poesie grazie all'appoggio ricevuto. È sorprendente il fatto che le antologie di poeti futuristi includessero anche diversi dei primi componimenti di Palazzeschi, che per il loro tono sommesso e statico erano in gran parte incompatibili con i toni vitali e dinamici dei marinettiani (soprattutto per quanto riguarda le poesie dei Cavalli bianchi). Il fatto che i futuristi abbiano spesso chiuso un occhio davanti a tutto ciò non fa che confermare che Palazzeschi aveva le carte in regola per arrivare ad un notevole successo.

In ogni caso, l'interesse di Palazzeschi per il movimento del futurismo non lo portò mai a ricambiare pienamente l'entusiasmo che il gruppo nutriva nei suoi confronti. Infatti, la vitalità esasperata del movimento lo rendeva scettico; presumibilmente, essa non corrispondeva pienamente al suo carattere, in un certo senso provocatorio ma non necessariamente aggressivo. Alla vigilia della grande guerra i nodi vennero al pettine: Palazzeschi si dichiarò neutralista e si oppose dunque all'intervento dell'Italia nel primo conflitto mondiale che veniva invece propagato dal movimento futurista dei marinettiani. Una tale discrepanza non poteva significare che il distacco definitivo.

In seguito, si sarebbe dedicato con profitto alla scrittura in prosa. Per quanto riguarda la poesia, alla vigilia della guerra Palazzeschi aveva ormai dato il meglio di sé. Si avvicinò all'ambiente de La Voce di Giuseppe De Robertis e iniziò a collaborare per la rivista.

L’INCENDIARIO
A F. T. Marinetti
anima della nostra fiamma.

In mezzo alla piazza centrale
del paese,
è stata posta la gabbia di ferro
con l’incendiario.
Vi rimarrà tre giorni
perchè tutti lo possano vedere.
Tutti si aggirano torno torno
all’enorme gabbione,
durante tutto il giorno,
centinaia di persone.
‒ Guarda un pochino dove l’anno messo!
‒ Sembra un pappagallo carbonaio.
‒ Dove lo dovevano mettere?
‒ In prigione addirittura.
‒ Gli sta bene di far questa bella figura!
‒ Perchè non gli avete preparato
un appartamento di lusso,
così bruciava anche quello!
‒ Ma nemmeno tenerlo in questa gabbia!
‒ Lo faranno morire dalla rabbia!
‒ Morire! È uno che se la piglia!
‒ È più tranquillo di noi!
‒ Io dico che ci si diverte.
‒ Ma la sua famiglia?
‒ Chi sa da che parte di mondo è venuto!
‒ Questa robaccia non à mica famiglia!
‒ Sicuro, è roba allo sbaraglio!
‒ Se venisse dall’ inferno?
‒ Povero diavolaccio!
‒ Avreste anche compassione?
Se v’avesse bruciata la casa
non direste così.
‒ La vostra l’à bruciata?
‒ Se non l’à bruciata
poco c’è corso.
À bruciato mezzo mondo
questo birbaccione!
‒ Almeno, vigliacchi, non gli sputate addosso,
infine è una creatura!
‒ Ma come se ne sta tranquillo!
‒ Non à mica paura!
‒ Io morirei dalla vergogna!
‒ Star lì in mezzo alla berlina!
‒ Per tre giorni!
‒ Che gogna!
‒ Dio mio che faccia bieca!
‒ Che guardatura da brigante!
‒ Se non ci fosse la gabbia
io non ci starei!
‒ Se a un tratto si vedesse scappare?
‒ Ma come deve fare?
‒ Sarà forte quella gabbia?
‒ Non avesse da fuggire!
‒ Dai vani dei ferri non potrà passare?
Questi birbanti si sanno ripiegare
in tutte le maniere!
‒ Che bel colpo oggi la polizia!
‒ Se non facevan presto a accaparrarlo,
ci mandava tutti in fumo!
‒ Si meriterebbe altro che berlina!
‒ Quando l’ànno interrogato,
à risposto ridendo
che brucia per divertimento.
‒ Dio mio che sfacciato!
‒ Ma che sorta di gente!
‒ Io lo farei volentieri a pezzetti.
‒ Buttatelo nel fosso!
‒ Io gli voglio sputare
un’altra volta addosso!
‒ Se bruciassero un pò lui
perchè ridesse meglio!
‒ Sarebbe la fine che si merita!
‒ Quando sarà in prigione scapperà,
è talmente pieno di scaltrezza!
‒ Peggio d’una faina!
‒ Non vedete che occhi che à?
‒ Perchè non lo buttano in un pozzo?
‒ Nel cisternone del comune!
‒ E ci sono di quelli
che avrebbero pietà!
‒ Bisogna esser roba poco pulita
per aver compassione
di questa sorta di persone!

Largo! Largo! Largo!
Ciarpame! Piccoli esseri
dall’esalazione di lezzo,
fetido bestiame!
Ringoiatevi tutti
il vostro sconcio pettegolezzo,
e che vi strozzi nella gola!
Largo! Sono il poeta!
Io vengo di lontano,
il mondo ò traversato,
per venire a trovare
la mia creatura da cantare!
Inginocchiatevi marmaglia!
Uomini che avete orrore del fuoco,
poveri esseri di paglia!
Inginocchiatevi tutti!
Io sono il sacerdote,
questa gabbia è l’altare,
quell’uomo è il Signore!

Il Signore tu sei,
al quale rivolgo,
con tutta la devozione
del mio cuore,
la più soave orazione.
A te, soave creatura,
giungo ansante, affannato,
ò traversato rupi di spine,
ò scavalcato alte mura!
Io ti libererò!
Fermi tutti, v’ò detto!
Tenete la testa bassa,
picchiatevi forte nel petto,
è il confiteor questo,
della mia messa!
T’ànno coperto d’insulti
e di sputacchi,
quello sciame insidioso
di piccoli vigliacchi.
Ed è naturale che da loro
tu ti sia fatto allacciare:
quegl’ insetti immondi e poltroni,
sono lividi di malefica astuzia,
circola per le loro vene
il sangue verde velenoso.
E tu grande anima
non potevi pensare
al piccolo pozzo che t’avevan preparato,
ci dovevi cascare.
Io ti son venuto a liberare!
Fermi tutti!
Ti guardo dentro gli occhi
per sentirmi riscaldare.

L'ASSOLTO

Allor che i miei buoni fratelli m'avevan due volte sepolto,
disse una voce: (io non so come e dove)
"Assolto. Mancanza assoluta di prove".
Si apersero tutte le porte, si apersero tutti i cancelli.
"Assolto!" Io sono "l'assolto" miei cari signori, e ora che sono fuori guardatemi bene in viso: ho ucciso?
"Assolto!"
È la mia professione, che intendo bene di sfruttare dal suo lato migliore.
"Assolto!"
Appena uscito mi accorsi subito qual era il miglior partito.
Fuggire? Nascondersi agli occhi della gente? Macché!
Sottrarsi alla sconcezza del dubbio ch'io rivesto? Macché!
Rivestirlo dignitosamente o con disinvoltura? Macché! Niente, niente!
Esibirsi, senza misura, generosamente.
Gli è perciò ch'io frequento le strade, il passeggio, i teatri, il caffè, come ogn'altr'uom non assolto: certe volte mi diverto poco... certe altre molto... né più né meno di lui o di te.
Si sa che color che incontrandomi intrecciavan col mio bei sorrisi, vedeste ora che visi...
che visi mi fanno!
E che voci sorprendo dai crocchi! Vedeste che occhi!
- Un innocente si scolpa.
- E un farabutto lo stesso.
- Ha taciuto, ecco tutto.
- Ha taciuto come un innocente.
- Ha taciuto come un farabutto!
- E gli errori?
- Questi sono gli errori, i delinquenti sono tutti fuori!
Entro per tempo in teatro, prendo possesso della mia poltrona con molto sussiego.
Mi volgo, mi chino, mi spiego; mi lascio ammirar giro giro con aria da Dio.
E se certi visi si spostano resta inflessibile il mio.
Per i primi venti minuti lo spettacolo lo do io. "Bella che stai puntandomi attraverso la lente dell'occhialino, dimmi, mio bel musino, mi desideri innocente, o mi desideri assassino?"
Un signore là indietro, dai posti distinti, macina lesto fra i denti: "sul trono, sul trono i briganti!"
E un altro: "guardate che ghigna stasera, facciaccia da galera!"
Quando s'alza il sipario divento anch'io un umile spettatore, come lui, negli antratti ritorno un poco attore, eppoi ancora spettatore come te, come tutti gli altri.
E se dopo all'uscita qualcuno mi aspetta, io esco pian pianino senza nessuna fretta.
Poi vado al caffè. Finché c'è gente sveglia nella città resto a sua disposizione, nessuno dev'essere defraudato nella legittima curiosità, sono un galantuomo nella mia professione.
E non crediate ch'io sia tardivo ad escir fuori al mattino, macché! bisogna pensare che il mattiniero ha gli stessi diritti del nottambulo cittadino.
"Assolto!" Può sembrar poco... e può sembrar di molto.
Guardatemi bene in viso: ho ucciso?
-- Aldo Palazzeschi


CHI SONO?

Son forse un poeta?
       No, certo.
       Non scrive che una parola, ben strana,
       la penna dell'anima mia:
5    "follia".
       Son dunque un pittore?
       Neanche.
       Non ha che un colore
       la tavolozza dell'anima mia:
10  "malinconia".
       Un musico, allora?
       Nemmeno.
       Non c'è che una nota
       nella tastiera dell'anima mia:
15  "nostalgia".
       Son dunque... che cosa?
       Io metto una lente
       davanti al mio cuore
       per farlo vedere alla gente.
20  Chi sono?
       Il saltimbanco dell'anima mia
.

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